mercoledì 25 aprile 2018

TANTI AUGURI A TE!

"Non se sta' a culo puzzo', ninì". Non mi ricordo altro, purtroppo. Era il tuo modo severo di correggere una mia postura un po' scomposta, che assumevo nel giocare sul corridoio di casa. Poi, negli anni, ho realizzato che, con quella frase, sicuramente volessi darmi anche un insegnamento etico. Te ne sei andato che avevo poco più di cinque anni. Mi ricordo, che una mattina nonna venne a prendermi anzitempo all'asilo, dalle suore giuseppine. "Nonno sta male", m'aveva detto riportandomi a casa. Poi, io per molte sere ti ho aspettato dietro la porta, quando sentivo i passi lungo la tromba delle scale del palazzo. "Eccolo, stasera torna a casa", mi dicevo; ma poi era sempre qualcun altro... Da allora sono passati tanti anni, fino a quando, tra un trasloco e l'altro, da uno scatolone sono spuntate due medaglie di bronzo. "Ma di chi sono queste?" ho chiesto. C'era inciso "Brigate Garibaldi". "Mah, ce l'aveva nonno, se l'è portate sempre dietro", m'ha risposto babbo. "Ma in che senso, erano le sue, erano di altri?, ho continuato a domandare. "Boh, lui diceva che erano sue, aveva pure una sorta di diploma, ma quello non se 'rtrova più", mi aveva risposto mio padre, quasi a voler chiudere definitivamente, non tanto la conversione, ma una finestra sul passato, sulla sua vita stessa. Ma per me, però, s'era palesato un immaginario portone, che non andava aperto, ma spalancato. E che faceva incontrare le emozioni del bambino, che aspettava in cima alle scale il ritorno del nonno, con il percorso di vita del nipote quasi cinquantenne. E via allora: Archivio dell'Istituto di Storia, del Distretto Militare, dell'Archivio di Stato di Ancona. E poi, sedute di interrogatori modalità "Ispettore Derrick", a mio padre. E, a quasi 50 anni, salta fuori tutto, o quasi. Perché tu non l'hai mai raccontato a casa e, soprattutto, ne sono certo, anche le carte che ho trovato, la tua storia non  documentano proprio tutta. E quindi, eri Partigiano, grado di Sergente, ed eri stato pure arrestato e processato al Tribunale di Ancona, dopo la Liberazione, con altri compagni della Camera del Lavoro, come sobillatore e sovversivo, oltre che ladro. E poi babbo, alla fine, ha parlato; per quel poco che sa, anche lui frugando tra ricordi sbiaditi di un bambino con meno di dieci anni. E quindi, te che stavi a morire di fame come mezzadro sulle campagne di Ostra, non avevi avuto molto scrupolo, per primo verso la tua famiglia, nel nascondere per mesi a casa quei ricchi signori ebrei di Senigallia. Ed i cui figli e nipoti sto cercando in questi mesi, perché credo sia giusto conoscerli. E poi, avevi sotterrato e nascosto le armi dei Partigiani dietro  il pagliaio, e a casa, di notte, facevi le riunioni con Brutti, Galassi e Maggini. Quelli che hanno fucilato a Ostra, perché il prete fascista aveva fatto la spia. E quindi, mi sa tanto, che pure tu, in quei giorni, te l'avevi vista proprio brutta. "Ma poi i partigiani, dopo fucilarono il prete. Hanno fatto bene", m'ha detto babbo. Hanno fatto bene, penso anche adesso io. Ma ci pensi, stavi con Galassi, Brutti e Maggini?! Se di dicessi io con che personaggi in questi anni ho fatto le riunioni politiche, ti accenderesti quella "senza filtro" e ti sganasceresti dalle risate... (ecco, fumavi quella roba lì, questo me lo ricordo, perché nonna si incazzava, chè la sera la lasciavi spegnere sul comodino, che più volte aveva rischiato di prendere fuoco...). Questo eri, questo sei, questo sono. Perché poi, negli anni, quando ho fatto e faccio tutt'ora certe cose, a casa tutti a dire rassegnati "tanto è proprio come suo nonno, non c'è niente da fare...". Ma a me piace pensarti quando hai rubato i polli al padrone perché era un sabotaggio contro il Lodo De Gasperi, e t'hanno arrestato e processato ad Ancona. Perché penso, che oggi i soprusi e le ingiustizie vadano combattuti, e sabotare sia un gesto giusto. E a Erri De Luca, uno scrittore, l'hanno assolto proprio perché incitare al sabotaggio, non costituisce reato. E anche io, credo che oggi essere antifascisti significhi, più che portare corone ai cippi una volta l'anno, opporsi alla Tav, al gasdotto, alle trivelle, a quelli che rubano i beni comuni e il futuro delle persone, e che i territori siano di chi c'è nato e di chi ci abita, e non di chi vuole sfruttarli per speculare e arricchirsi. In questi ultimi mesi, sai, per certi aspetti, mi sono applicato molto. Nel paese dove abito, c'è un' amministrazione comunale incurante dei diritti dei suoi cittadini, e della tutela e valorizzazione di un paesaggio straordinario. "Bene comune" non è un concetto che conoscono; anzi, non sanno neanche il significato italiano delle due parole. Qui prevale ancora il sempreverde "affari propri". Adesso, i cortigiani del sindaco, terrorizzati dall'idea che le persone qui possano autodeterminarsi,  vanno mormorando che io l'anno prossimo mi voglia candidare a sindaco. Più che altro, sono talmente miserabili, che alla fine mi ci costringeranno. Ma non perché abbia io ambizioni; anzi, andare a spasso tra i monti con il cane (si chiama Broz, come il maresciallo Tito, ti sarebbe piaciuto il nome che gli ho dato) mi dà piu soddisfazioni. Però, trovo insopportabile vedere le persone e questo territorio, trattati in questo modo. Per cui, vedrai, che se alla fine mi candiderò, a casa ridiranno "è come suo nonno, che ci possiamo fare...". Giusto, oggi pomeriggio vado a fare una conferenza sulla Famiglia Cervi. In una città, dove da decenni, la politica di ogni colore, sta vendendo la salute dei cittadini all'industriale ricco e potente. Anche i Cervi, come te, erano un po' matti... Qualche anno fa, sai, ho conosciuto la figlia di Antenore, Maria. Gli ho fatto una promessa; anche lei da tempo non c'è più. Sono certo che "la Maria" ti sarebbe piaciuta molto. Come vedi, sergente Serafino, "a culo puzzò", da quando ero piccolo e mi rimproveravi, non ci sono stato più, ma a volte e ancora oggi, non è stato, non è semplice. Però è così, non riesco a essere e a fare diversamente. Ma so che anche tu non ci sei stato mai. Auguri! Oggi è la tua Festa, e di altri che ancora ci sono, e di tanti che non ci sono più. Noi, la nostra Festa, ce la dobbiamo ancora meritare. 



P.S. Su quella bicicletta eri straordinario, non toccavi i piedi per terra, sembri volare, come i sogni. Bravo anche il fotografo dell'epoca. La foto l'abbiamo appesa a casa con noi. Vicino alle  tue medaglie, al quadro con i pensieri dei Resistenti europei, di mio suocero Alfiero (era un vecchio liberale, ma un antifascista vero, più dei tanti che oggi alzano il pugno chiuso, e domattina tornano di nuovo "a bottega"), e al ritratto di Che Guevara, che mi ha regalato un amico pittore.

giovedì 19 aprile 2018

IL PARCO SIAMO NOI (?)


Prosegue, dopo il convegno per l'anniversario del ventennale, l'impegno dei nuovi vertici dell'Unione Montana, il Presidente Pesciarelli e il Vice Santarelli con delega al Parco, per rilanciare il valore e le opportunità dell’area protetta. Il Parco come brand di un nuovo sviluppo locale, espressione dell'idea di una nascente economia turistica. Positive in questi mesi le azioni già messe in campo, capaci di coinvolgere quelle esperienze imprenditoriali locali, che in questi anni hanno scommesso sull'agricoltura e sulla tipicità enogastronomica. Esperienze giovani ed innovative, un tentativo di rifondazione del genius loci. Il partecipato convegno di lunedì 9 aprile all'Oratorio della Carità, ha segnato una significativa tappa di questo percorso, rafforzata in quella sede dalle testimonianze di giovani imprenditrici agricole del territorio del Parco. "Comunità e Territori per un nuovo Appennino", questo il tema, che ha visto alternarsi autorevoli relatori, moderati dal Direttore del Parco Scotti. A partire dall'intervento principale del Presidente del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano, Giampiero Sammurri, che ha raccontato i risultati di un'area protetta, profondamente diversa dalla nostra, e non solo per la conformazione geomorfologica, ma quanto per essere un territorio molto poco antropizzato. A seguire, la Presidente di Legambiente Marche, Francesca Pulcini, sull'importanza delle attività di educazione ambientale e sulla valorizzazione del patrimonio faunistico e forestale. Progetti già sviluppati nel nostro parco da anni, ma da tempo ridimensionati per i tagli della Regione Marche alle attività dei CEA (Centri di Educazione Ambientale). Jacopo Angelini, del WWF Marche, competente naturalista fabrianese, ha ripercorso i legami storici tra comunità e territorio fin dall'antichità, giustificando anche l'attuale assetto antropico del Parco. La Deputata fabrianese Patrizia Terzoni, autrice insieme ad Ermete Realacci della recente Legge sui Piccoli Comuni, ha illustrato il valore della norma, e le potenzialità future per le oltre cinquemila piccole Municipalità del nostro Paese. Potenzialità, che fanno i conti, per ora, solo con un finanziamento della legge per cento milioni di euro fino al 2023; il che significa, facendo una semplicistica media aritmetica, poco più di tremila euro all'anno per ogni Comune. A chiudere il giro di tavolo, l'intervento del Segretario della Fondazione Symbola, Fabio Renzi, sull'esigenza di ripartenza dei territori del Centro Italia, martoriati dal sisma, le cui eccellenze enogastronomiche rappresentano una speranza di rilancio dell'economia. A tirare le conclusioni, l'Assessore Regionale all'Ambiente, Angelo Sciapichetti che, partendo da una riflessione sul contesto internazionale sulle pericolose schermaglie tra Trump e Putin, ha annunciato poi l'intenzione della Giunta Regionale di riformare l'assetto normativo sulla gestione dei Parchi; prefigurando un unico soggetto centralizzato, lontano dai territori, che avrà la governance di tutte le aree protette regionali. Tutto bene, fin qui, convegno riuscito. Se non fosse che l'effetto che si corre, sia quello di raccontare un altro Parco, diverso da quello reale. Omettendo quello che è stato nei suoi primi diciannove anni. La cui eredità attende alla prova i nuovi amministratori. Ovvero, un'area protetta nata a seguito di molti compromessi politici, al fine di accontentare al meglio tutti gli stakeholder (ambientalisti, imprenditori, cavatori, cacciatori), e che è stata paracadutata sopra le comunità locali, che hanno vissuto fin dall'inizio la sua istituzione come un fastidio, anziché un'opportunità. E ciò è comprovato proprio dall'assenza, in questi venti anni, dagli Organismi Gestionali, dell'azionista territoriale di maggioranza del Parco, che è il Comune di Genga (il 73% della intera superficie). In cui, tanti anni fa, si tenne un referendum popolare se entrare nel Parco o meno, stravinto alla grande dai contrari. Poi, la governance del Parco, è stata sempre utilizzata, ancor prima che per adempiere ai valori e agli obiettivi statutari, per compensare gli equilibri politici tra i partiti e le amministrazioni del territorio. Con il risultato, dopo un ventennio, che è sotto gli occhi di tutti. Quello di ritrovarci un'area protetta fortemente antropizzata e industrializzata, attraversata dalle strade della Quadrilatero, con un elevato impatto paesaggistico ambientale, piena di rifiuti di tutti i generi (televisori, gomme, passeggini, materassi, etc) abbandonati nei boschi, con una segnaletica e sentieristica non curata da anni, con bidoni di cromo esavalente che spuntano sotterrati chissà da chi, e da quanto. Con una significativa percentuale di escursionisti e ciclisti incivili, che lasciano nelle macchia e per strada i rifiuti dei loro passatempi festivi. E, soprattutto, pensando alle trentasette frazioni del Comune di Genga, piccole comunità abitate da adulti, anziani e bambini, completamente abbandonate delle amministrazioni locali, fatta eccezione per l'area strettamente adiacente alla biglietteria e all'ingresso delle Grotte di Frasassi. Senza scherzare più di tanto, si può affermare che l'unica specie in via di estinzione del nostro Parco, sia quella umana, degli abitanti. E, purtroppo, questa visuale nella tavola rotonda, che vedeva come tema principale, proprio quello delle Comunità, è mancata del tutto; così come il tema dell’Appennino, è rimasto un titolo su un manifesto. Ma se davvero si ha l’ambizione di voler scrivere una pagina nuova, è da lì che bisogna ripartire, senza filtri e nella verità, per cambiare radicalmente rotta. Perché il nostro, più di ogni altra esperienza, è per primo un Parco fatto di persone che lo abitano, che hanno bisogno di servizi e che, anche loro, devono essere stimolate a cambiare progressivamente cultura e mentalità. Ma la condizione sine qua non si chiama partecipazione democratica La quotidianità delle persone che vivono nell'area protetta, il loro diritto alla socialità, e a sentirsi una più ampia comunità, non può essere surrogato dall'encomiabile impegno dell'associazionismo locale; ma deve avere visione e azione istituzionale. In questo, se lo vogliono davvero, i nuovi Amministratori dell'Unione Montana, almeno fino a quando la Giunta Ceriscioli non scriverà la parola fine con la ventilata riforma per le aree protette regionali, hanno davanti a loro, come si dice, una prateria sterminata. Giusto il lavoro di comunicazione, promozione, merchandising, ma se non c’è un faticoso impegno per e con le comunità del Parco, avrà ragione la visione del Prof. Olivieri, Presidente del Parco Nazionale dei Sibillini che, intervenendo a margine della tavola rotonda, ha così aperto: "prima ero a Perugia, e per venire a Fabriano ho preso la Quadrilatero e c'ho messo solo 45 minuti". E cioè, un territorio appennino il nostro, da considerarsi come raccordo di collegamento, all’interno di un grande parco avventura domenicale.



giovedì 12 aprile 2018

"FATTI, NON PUGNETTE" (cit. Ass. Cangini)


Provare ad offrire un altro punto di vista sui cantieri Anas-Quadrilatero del raddoppio della statale 76, a pochi giorni dalla notizia che in uno di questi, in località Valtreara di Genga sono stati rinvenuti dalle Forze dell'Ordine sei bidoni di cromo esavalente interrati in un’area di lavoro, rischia di portare fuori binario molte possibili considerazioni, e di far smarrire ogni intenzione di obiettività sull’argomento. Perché, se è vero che la durata e il prolungarsi nel tempo (fine lavori posticipate semestralmente), e alcune modalità organizzative dei lavori stessi, da molto tempo stanno creando disagi agli automobilisti, che quotidianamente utilizzano la tratta Serra S. Quirico-Fossato di Vico, è altrettanto vero che, almeno parimenti, ci sono disagi non lievi che subiscono gli abitanti delle comunità di questa parte del territorio appenninico. E già, perché la statale 76, ed i suoi cantieri Anas-Quadrilatero, non si trovano in mezzo ad una zona desertica, ma in un contesto antropizzato, con molti piccoli centri, e a forte valore ambientale; tra l'altro, siamo all'interno del perimetro del Parco Regionale Naturale della Gola della Rossa e di Frasassi. E i disagi degli abitanti di queste comunità, composte da adulti, anziani e bambini, hanno già tempi più lunghi e duraturi di quelli degli automobilisti: a cantieri in allestimento, a lavori in corso e, soprattutto, a lavori terminati e consegnati, quando le modifiche alla viabilità a quattro corsie, incideranno praticamente sulla quotidianità delle persone. Da molto tempo infatti, sono noti i problemi quotidiani a raggiungere Fabriano per i residenti di Castelletta; quelli dei residenti di Borgo Tufico e Albacina, circondati dai cantieri rumorosi e maleodoranti; ma anche di chi vive a Trocchetti di Fabriano, che si vede già privato di ogni visuale ed affaccio dalla barriera antirumore realizzata a margine della corsia di scorrimento. Poi, i disagi più recenti degli abitanti di Valtreara e Gattuccio, che si prendono fumi e rumori di tutto il traffico pesante, oltre che di quello ordinario, dirottato nella realizzazione del nuovo svincolo lungo la vecchia statale storica. Uno svincolo, quello di Valtreara, che a giudicare dalla sua superficie areale, sembra essere stato pensato come se dovesse immettere traffico all’ingresso di una grande metropoli statunitense, anziché in piccoli centri. Ciò, con un consumo di suolo e di paesaggio abnorme, a detta di tutti coloro che hanno buonsenso. Un risultato frutto di una mediazione rispetto all’idea progettuale originaria, a seguito di esplicite richieste mosse anni fa delle amministrazioni locali gengarine all'Anas-Quadrilatero. Animati, gli amministratori locali, non da un interesse primario per la qualità della vita e dell'ambiente del territorio amministrato, ma esclusivamente dal soddisfacimento dell’ipotetico movimento turistico verso le Grotte di Frasassi, e dalle sollecitazioni ricevute riguardo all’afflusso dei TIR verso le zone industriali locate subito oltre la Gola di Frasassi. Scendendo poi verso Serra S. Quirico, troviamo le frazioni del Comune di Genga come Falcioni, Pontechiaradovo, Palombare e Mogiano. Qui, già da metà febbraio scorso, con l'apertura della nuova galleria di oltre tre chilometri tra Serra S. Quirico e Valtreara, gli abitanti, per andare verso la Vallesina, si vedono costretti prima a tornare indietro verso Fabriano, fino a Valtreara, ed imboccare la nuova strada per andare in direzione Jesi; e così sarà per sempre, anche a raddoppio ultimato. Che significa, per una persona che vive lì, per arrivare a Serra S. Quirico stazione, impiegarci circa venti minuti in più rispetto a prima. E, ad esempio, se per lavoro una persona è un dipendente turnista, venti minuti in più per raggiungere la sede dello stabilimento, gli cambiano significativamente la giornata. E, per fare un altro esempio, se ci si può spostare solo con un Apetto o un motorino, mezzi inferiori a 150 cc di cilindrata, a Serra S. Quirico ci si può già arrivare solo inerpicandosi per i monti (soluzioni consigliare: la cosiddetta strada bianca “di Brega” che sale da Pierosara fino alla sommità Monte Murano, oppure passare per Castelletta, Grotte, S. Giovanni e S. Elia…). Perché, sulla nuova strada del raddoppio a quattro corsie, una volta ultimata, per norma la viabilità è interdetta a cicli e motocicli, oltre che ai cavalli... Se poi un mezzo di soccorso, considerato che in questi luoghi vivono anche persone anziane, avrà necessità di arrivare, lo farà in tempi molto differenti da quelli previsti dalla logistica standard del 118. C’è poi una situazione tragicomica di questi ultimi mesi, in cui, grazie ad una segnaletica caotica e poco chiara, e a navigatori che vanno in tilt, le frazioni di Falcioni e Pontechiaradovo sono sottoposte ad un carico di traffico straordinario, dovuto a tutti quelli che sbagliano direzione e si infilano dentro la Gola della Rossa che è chiusa. Compresi molti bisonti della strada, che rischiano di rimanere incastrati tra le case o le pareti rocciose. A questa ulteriore penalizzazione e marginalizzazione delle frazioni gengarine intorno l'Esino, si potrebbe dare una risposta significativa, mettendo in sicurezza e riparando la vecchia Strada Clementina che passa per la Gola della Rossa, riaprendola al pubblico, e destinandola al traffico locale, dopo che da decenni è stata concessa dal Comune di Serra S. Quirico in uso esclusivo alle imprese delle cave. Un intervento, tra l’altro non economicamente enorme, che potrebbe essere facilitato in questi mesi dai contemporanei lavori di ammodernamento, che si faranno nelle tre vecchie gallerie dopo Serra S. Quirico. Considerato che nel dicembre 2016, il Comune di Serra S. Quirico, ha ricevuto un contributo straordinario di duecentomila euro dal Ministero dell’Ambiente per la messa in sicurezza delle pareti della Gola della Rossa che sovrastano la Clementina. Contributo che, ad oggi, non è stato ancora utilizzato. Ma qualcuno ci ha pensato? E, soprattutto, interessa agli Amministratori Locali? O il Comune di Serra S. Quirico si preoccupa solo di incassare l’aggio previsto a metro cubo per le cave sul Monte Murano, alle cui ditte ha dato la concessione all’estrazione fino al 2048 (quando non ci sarà più rimasto il monte…)? C'è poi un altro aspetto generale, non di poco conto: si provvederà davvero, come previsto, al ripristino ambientale delle aree di cantiere, alle ripiantumazioni, considerato che siamo anche in un Parco? Ci sarà chi vigilerà su questo con rigore? In conclusione, il raddoppio della statale 76, si sta rivelando ciò che si è già manifestato per la statale 77 nel maceratese: un'opera, che in ragione di una presunta velocizzazione dei collegamenti tra Regioni, produce nell’immediato una sostanziale emarginazione dei piccoli centri delle aree interne, e con un saldo paesaggistico ed ambientale fortemente negativo. E poi, chiedo sinceramente ai fabrianesi: ma davvero c'è qualcuno che pensa che la nuova strada porterà nuova linfa allo sviluppo locale? Che la velocità di percorrenza di una strada è direttamente proporzionale ad una ripresa dell’economia, e quale poi? O, forse, da un punto di vista delle attività commerciali, per un cittadino della costa non potrebbe essere più allettante con poco più di un'ora, andare a fare shopping e a consumare servizi per il tempo libero, direttamente in Umbria o in Toscana? E analogamente, per umbro o un toscano, forse diventano più vicine la riviera del Conero o la costa senigalliese. Saltando tutti, da entrambe le direzioni di provenienza, tutto quello che c’è nel mezzo… Rispetto alle fanfare e ai tromboni che suonano la musica della strada nuova, come il nuovo progresso, ne riparleremo tra qualche anno.