giovedì 27 luglio 2017

DI PISTE CICLABILI E SCELTE DI CAMPO. CULTURALI E IDEALI

Può una pista ciclabile diventare il paradigma di come si possa intendere il destino dell’Appennino? Perché in fondo è questo, io credo, il nodo della questione che si apre, a seguito della proposta della Regione Marche di destinare una cospicua parte del ricavato degli sms solidali post sisma (5,5 milioni di €); ovvero a realizzare parte di un tracciato molto più lungo, di carattere ciclabile, che attraversa dalla costa, i territori e le comunità colpite dai terremoti. Con lo scopo di rilanciare il turismo in quelle zone. Non entro nel merito, certamente legato ad un senso di etica pubblica, sulle finalità di utilizzo dei fondi; sarebbe semplice e scontato. Sull’Appennino italiano vivono all’incirca complessivamente oltre 20 milioni di persone; non sarebbe una forzatura, ma avrebbe anche giustificazione storica, culturale, sociale ed economica, parlare di un Popolo dell’Appennino. E allora il turismo rappresenta certamente un aspetto, importante ed anche di sviluppo, ma della sola dimensione economica. Se però nel mentre, a causa di una catastrofe naturale, i terremoti del 2016 ad esempio, o di scelte politiche ed istituzionali che negli anni hanno perseguito, e perseguono tutt’ora, lo spopolamento e l’abbandono dell’Appennino (perché tenere le persone in montagna costa, sono poche e disaggregate, e quindi il rapporto investimento pubblico/ritorno elettorale è fortemente negativo), le aree montane rischiano una desertificazione definitiva, quale turismo si vuole? Semplice: quello di un territorio Appenninico trasformato in enorme villaggio vacanze, come la costa egiziana per capirci, con tutto tranne che gente che ci vive, fa figli, cura il territorio, lavora, e muore persino. Un Appennino ad uso (meglio abuso) e consumo stagionale, in cui ci puoi anche far passare un gasdotto come quello Gazprom/Eni/Snam, e trasformare un cementificio fallito in un megaimpianto di termovalorizzazione (detto comunemente inceneritore). E in cui hanno senso, ad esempio, sette eliporti quasi confinanti (pagati nelle intenzioni anche questi dagli sms solidali).
Il prossimo fine settimana, quello dal 21 al 23 luglio, nelle Marche ferite dal terremoto, ci saranno due importanti ed autorevoli consessi dove approfondire quale futuro si vuole per l’Appennino. Il primo è “RINASCO – le Città Creative per l’Appennino”, promosso dalla Fondazione Merloni. Con conferenzieri di prestigio, ma senza alcun radicamento nel territorio. Un soggetto, quello promotore, espressione di una cultura politica che nei decenni ha già spolpato l’Appennino quasi fino all’osso, e che ha perduto in conseguenza di ciò ogni credibilità; ma che adesso lo vede come un nuovo e grande business legato al “turismo del resort”. Un Appennino di nuovi dipendenti, ma non di abitanti e cittadini. Poi c’è "Terre in Moto Festival - 20/23 luglio, Fiastra (MC)" al Lago di Fiastra. Promosso da una rete di associazioni, imprese, cittadini, che da dieci mesi si batte (e si sbatte) per aiutare, sensibilizzare, informare le comunità colpite dal sisma. “Tornare, resistere, ricostruire” è lo slogan dei tre giorni, o meglio le parole forti di un vero progetto politico; sono previste escursioni, spazi per bambini, cibo a km0 della aziende agricole ferite dal terremoto, incontri su temi di carattere democratico, sociale e ambientale, con relatori protagonisti di lotte quotidiane nei territori. Un Appennino di persone che vogliono essere protagoniste del proprio futuro e della salvaguardia del territorio. Due visioni, due mondi, due idee di Appennino diverse, e giustamente antagoniste. Decidete liberamente da che parte stare e dove passare quei tre giorni. Ma sappiate che si tratta, ancor prima di uscire da casa, di fare una scelta di campo culturale ed ideale; non senza ripercussioni per l’Appennino ed il suo popolo di abitanti.
* pubblicato da Genziana Project il 13.07.2017

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